Serve veramente una Authority per la bioetica?

Ogni anno nel mondo sono circa duecentomila le persone in lista d’attesa per un trapianto, di queste meno di un terzo vince la lotteria. Per gli altri, quasi sempre l’attesa e’ fatale. Le leggi di tutti i Paesi, cosi’ come i codici etici internazionali, vietano qualunque forma di pagamento per la donazione degli organi da cadavere e la donazione da vivente, proprio per evitare ogni forma di commercio, e’ ammessa solo nell’ambito di uno stretto legame famigliare. Anche l’India, che fino ad otto anni fa era il porto franco per la ricerca di un rene, ha adeguato le proprie leggi ai canoni internazionali di civilta’. Ma, che piaccia o no, la legge della domanda e dell’offerta si dimostra ancora una volta piu’ forte di qualunque normativa proibizionista, sia pure in nome dell’etica. I cercatori di reni si aggirano oggi ancor piu’ numerosi nel sud dell’India cosi’ come in tutto il Sud Est asiatico. Solo nello stato indiano di Andhra Pradesh, si stima siano duemila le persone che ogni anno si vendono un organo. Il rene o le cornee sono prelevati con l’igiene che la clandestinita’ permette, con piu’ attenzione al “pezzo” che al donatore, per il quale, dopo meno di ventiquattrore si aprono le porte del reparto convalescenti: la strada. Tutto si liquida con una cifra massima di 50.000 rupie (1000 euro), il resto, da 200.000 rupie in su, se lo dividono il medico ed il procacciatore.

La ricerca di possibili soluzioni al crescente traffico clandestino di organi e’ stato uno dei temi centrali del congresso della Transplantation Society, tenutosi nei giorni scorsi a Miami. Tremila partecipanti, da 65 Paesi. Dagli interventi succedutisi nelle varie sessioni si capisce che la speranza di tutti e’ riposta nelle biotecnologie, animali geneticamente modificati per gli xenotrapianti e cellule staminali per creare organi in laboratorio. Soluzione a cui approdare in un numero di anni difficile da quantificare, grazie anche ai mille ostacoli frapposti dalla morale vaticana, che sacralizzato oggi lo zigote-individuo potenziale, domani dovra’, per coerenza, porre gli stessi veti sulle staminali adulte, cui le magie di laboratorio conferiranno forse le stesse proprieta’ dell’ovocita fecondato. Nel frattempo, a Miami, si e’ parlato di come incentivare le donazioni da cadavere. L’American Medical Association, lo scorso giugno, ha approvato uno studio per capire se una qualche forma di rimborso possa servire da incoraggiamento ai familiari perche’ autorizzino l’espianto. Tra le ipotesi avanzate la copertura delle spese del funerale o una qualche forma di onorificenza. Proposte analoghe circolano gia’ da tempo anche tra le associazioni europee. C’e’ anche chi si spinge oltre, ponendo la questione di un compenso anche per la donazione da vivente. Il congresso della Transplantation Society si e’ pero’ concluso ratificando la norma statutaria che impone il rifiuto perentorio del commercio di organi, ma e’ lecito chiedersi se lo stesso esito sarebbe stato possibile qualora ai lavori fossero stati portati non i numeri, ma gli individui che essi rappresentano.

In Italia vi e’ chi vede con favore la creazione di un’Authority per la bioetica. Non basta pero’ usare un termine inglese ad avvicinare lo Stato italiano alla democrazia liberale britannica, che vieta si’ il commercio d’organi ma ammette, sotto il controllo dell’Unrelated Live Transplant Regulatory Authority, anche la donazione da vivente in ambito extra-parentale. Nel nostro Paese, le Autorita’ non hanno potere e spesso neppure autorevolezza, riflettendo le degenerazioni di una cultura statalista, piu’ attenta alle logiche di Palazzo che alle reali necessita’ degli individui, fossero pure la maggioranza. Qualche tempo fa, la professoressa Luisella Battaglia, fresca di riconferma nel nuovo Comitato nazionale di bioetica, ha motivato la mancata nomina di Luca Coscioni, malato di sclerosi laterale amiotrofica e leader della lotta radicale per la liberta’ di ricerca, con la necessita’ di porre un filtro tra i membri del Comitato, impegnati a discutere su temi tanto delicati, ed il dolore del mondo. Se e’ vero che la prima responsabilita’ di questa scelta e’ da cercare nei palazzi di Governo, una qualche riflessione critica si impone anche laddove si giocano le lettere minuscole della contrattazione delle carriere e dei finanziamenti accademici e, a forza di toppe e filtri, si tesse la tela del professionismo bioetico.

E’ davvero morale filtrare il dolore del mondo, o l’affermazione fatta con ingenua sincerita’ dalla professoressa Battaglia e’ solo l’ennesimo preoccupante segno di un crescente “potere dei piu’ buoni” sempre piu’ arrogante e lontano dalla realta’?