Eutanasia Francia. Favorevoli i professionisti della Sanità
Il 9 dicembre si è aperta la convention dei cittadini sul fine vita, promessa elettorale di Emmanuel Macron. Per tre mesi, 180 cittadini estratti a sorte dovranno considerare la legislazione vigente in materia di fine vita, lo stato delle cure palliative e la rilevanza della legalizzazione o non attiva dell’assistenza al morire, qualunque sia la forma (eutanasia o suicidio assistito). Ne risulterà un rapporto, su cui il governo potrà fare affidamento per sviluppare un disegno di legge sulla questione che potrebbe essere esaminato nel 2023.
Per alcuni i dadi sono truccati. Già lo scorso settembre il Comitato Consultivo Nazionale di Etica (CCNE) si era espresso a favore della legalizzazione del suicidio assistito per i soggetti la cui prognosi vitale è commessa a breve o medio termine, mentre il Presidente della Repubblica non ha fatto mistero di essere a favore del “modello belga”, che autorizza l’eutanasia in modo abbastanza (troppo?) ampio.
Come i paesi del Benelux, la Svizzera, la Spagna o alcuni Stati degli Stati Uniti, la Francia potrebbe quindi autorizzare l’assistenza attiva alla morte nel 2023. Un grande salto antropologico, senza dubbio reso possibile dal declino della religione in Occidente e dall’allungamento della speranza di vita, che mettono in discussione il nostro rapporto con la morte.
In questo dibattito imminente, gli operatori sanitari avranno ovviamente un ruolo centrale da svolgere. Coloro che quotidianamente si confrontano con la morte nella loro professione (almeno per alcune specialità), conoscono meglio di chiunque altro questi momenti difficili in cui il paziente non desidera più continuare a vivere. Se dovesse essere legalizzata l’assistenza attiva al morire, è evidente che a loro spetterà il gravoso compito di valutare la gravità del desiderio di morire del paziente e quindi uccidere o assistere al suicidio. La loro opinione su questa spinosa questione è quindi essenziale e gli operatori che lavorano nelle cure palliative hanno più volte espresso la loro riluttanza a vedere legalizzata l’eutanasia.
Sappiamo che, sondaggio dopo sondaggio, i francesi nel loro complesso mostrano un sostegno piuttosto ampio alla legalizzazione dell’assistenza attiva al morire. Il sondaggio condotto sul nostro sito dal 20 dicembre al 10 gennaio sembra indicare che gli operatori sanitari ora condividono questa aspirazione. Il 58% di loro si dice favorevole alla legalizzazione dell’assistenza attiva al morire, (qualunque sia la forma). Al contrario, solo il 38% si dice contrario (il 4% non lo dice). A riprova che il tema sfida gli operatori sanitari, l’altissimo numero di intervistati tra due vigilie di Natale (1253).
Segno che la questione tormenta da tempo il mondo medico e più in generale la società, è già la quarta volta dal 2002 che il JIM interpella i propri lettori sulla questione della legalizzazione dell’eutanasia o del suicidio assistito. Segno anche che le mentalità stanno cambiando, questa è la prima volta che la maggioranza dei nostri lettori si dice favorevole a questa legalizzazione.
Nel 2002, il 57% dei nostri lettori era contrario alla legalizzazione dell’eutanasia e nel 2014 erano ancora il 55% a non volere che il suicidio assistito fosse autorizzato in Francia. Più vicino a noi nell’aprile 2018, su una questione sicuramente formulata diversamente (si trattava di importare in Francia il modello belga e olandese), il no era ancora altrettanto netto: il 59% non voleva vedere autorizzata l’eutanasia nel nostro Paese.
Oggi, quindi, tutti i professionisti della salute, qualunque sia la loro professione, chiedono che sia autorizzata l’assistenza attiva al morire. Sono gli infermieri lettori del JIM i più largamente favorevoli a tale riforma: il 65% di loro vuole l’autorizzazione all’eutanasia o al suicidio assistito (33% no). I farmacisti non sono meno determinati: il 63% di loro dice sì all’eutanasia (33% no).
I medici (che potrebbero essere direttamente coinvolti nella decisione) sono invece più divisi: il 56% vuole che in Francia sia possibile l’assistenza attiva al morire, contro il 40% che si oppone.
Al centro del grande dibattito pubblico che si profila sulla questione, ci sarà quindi senza dubbio anche un dibattito all’interno della stessa professione medica. Lo scorso settembre, su parere del CCNE, l’Ordine dei Medici si è dichiarato favorevole alla legalizzazione del suicidio assistito ma contrario all’eutanasia e ha ricordato l’importanza che il medico mantenga un solo ruolo di accompagnatore verso la morte (e non di effettore) e possa beneficiare da una clausola di coscienza.
Perché al di là della questione più generale dell’assistenza attiva al morire, è proprio il ruolo del medico ad essere chiamato in causa, colui che, attraverso il giuramento di Ippocrate, aveva giurato fino ad allora di “non causare mai deliberatamente la morte”.
(Quentin Haroch su Jim-Journal International de Mèdecin del 11/01/20239)
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