Donatori per la ricerca medica

I campioni biologici sono indispensabili per la ricerca biomedica, ma alcuni studi ne richiedono a migliaia, percio’ passano anche anni prima di averne a sufficienza. I cittadini possono pero’ agevolare questo processo e cedere alle biobanche il loro materiale biologico, proveniente da biopsie, oppure campioni di sangue e urina. Cosi’, la donazione ai centri che raccolgono e gestiscono questi materiali, trasforma il cittadino in agente promotore di ricerca scientifica. Le biobanche favoriscono l’accesso dei ricercatori allo stesso tipo di campione, promuovono lo scambio di informazioni tra studiosi e potenziano la sperimentazione.

Le regole in questi centri e la tutela dei diritti dei malati sono garantiti dalla nuova legge, Ley de Investigacion Biomedica. “Il fatto che i campioni siano disponibili in una biobanca accelera la ricerca e agevola la collaborazione, ossia, permette che vari gruppi scientifici lavorino con gli stessi campioni allo stesso progetto, e amplia l’informazione legata a ciascun campione. Succede, per esempio, con l’artrite e la psoriasi, due malattie differenti ma dai meccanismi comuni. Il fatto d’avere nelle biobanche campioni delle due malattie consente, inoltre, di confrontare una malattia con l’altra, e fa si’ che un gruppo collaborativo si appropri delle informazioni fornite da altri, anche se provenienti da un’area sanitaria differente”, spiega Alberto Orfao, direttore scientifico della Banca Nazionale del Dna.

In base alla nuova legge, le biobanche per la ricerca dispongono di un direttore scientifico; di un responsabile della bancadati che garantisce il rispetto dei diritti dei pazienti, della rettifica, della cancellazione, del consenso e segretezza; di due comitati esterni, uno scientifico e l’altro etico, i quali appoggiano il direttore e controllano che i gruppi scientifici rispettino i requisiti stabiliti. Il donatore, che informa della donazione il sanitario che gli fa il prelievo, e’ proprietario del campione e puo’ revocare la decisione presa. Il consenso informato, prima si usava solo nella sperimentazione, ma ora vale sempre.

“La legge aggiunge nuove garanzie affinche’ non si commerci con le cellule. E garantisce l’uguaglianza delle opportunita’ ai ricercatori nell’accedere ai campioni e perche’ la sperimentazione si realizzi sempre nei principi etici e nel rispetto dei diritti dei pazienti. Il paziente dev’essere informato dei risultati dello studio e ogni volta che viene ceduto il campione. Egli assolve a una funzione sociale molto importante, percio’ dev’essere sempre coinvolto e partecipe della sperimentazione”, dice Victor Gonzales Rumayor, membro della Subdireccion General de Investigacion en Terapia Celular y Medicina Regenerativa dell’Istituto Carlos III e uno degli estensori della legge.

Sulla stessa linea si muove Fernando Liano, del servizio di nefrologia dell’ospedale Ramon y Cajal di Madrid: “Il soggetto attivo si occupa della propria salute e ora puo’ anche seguire il destino del suo materiale biologico. E cio’ significa che ha il diritto alla riservatezza, a fornire o no i suoi dati liberamente, ma cio’ crea anche la responsabilita’ del cittadino verso il Sistema Nazionale della Sanita’, con la propria salute e con quella del prossimo. Il cittadino contribuisce attivamente al progresso della ricerca. Gia’ ci sono esempi molto chiari con i donatori di sangue e di organi. E ora si puo’ essere fautori di ricerca per la sanita’”.

La maggior parte delle biobanche sono tematiche, per patologie, come la Banca di Malattie Neuromuscolari, la Banca della Sclerosi Multipla o quella dell’Hiv dell’ospedale Gregorio Maranon di Madrid, unica al mondo per caratteristiche dei campioni raccolti. Ma ce ne sono anche di quelle che custodiscono un tipo di campione, come la banca del Dna. Tutte si distinguono per criteri di qualita’, ordine e destinazione. Possono essere pubbliche o private, nazionali o delle Autonomie, e sono enti senza fini di lucro. Le biobanche private si finanziano vendendo i procedimenti che elaborano.

I meccanismi di accreditamento e i registri sono in via d’elaborazione. Le tre biobanche nazionali, che prevedibilmente si accrediteranno come tali, sono Banco Nacional de Lineas Celulares Embrionarias, Banco de ADN, Red de Bancos de Tumores. La prima custodisce popolazioni di cellule di varie patologie. Ha tre sedi, la principale e’ a Granada, ed e’ una delle poche biobanche al mondo con questo materiale. La Banca del Dna gestisce il sangue di malattie cardiovascolari, oncologiche, metaboliche e neuropsichiatriche; la sede coordinatrice e’ a Salamanca. La terza e’ una rete che si estende tra gli ospedali delle comunita’ autonome, raccoglie cellule di ogni tipo di tumore, ed e’ coordinata dal Centro nazionale di ricerche oncologiche. Si accredita come modello esemplare a livello mondiale.
Non si sa quanti centri autonomici assolveranno ai requisiti di biobanche per la ricerca. Molte rimarranno come collezioni di campioni per l’assistenza e altre come collezioni per la sperimentazione.

Poiche’ non ci sono registri, in base alla Guya practica para la utilizacion de muestras biologicas en investigacion biomedica edita nel 2006 dall’Istituto Roche, si stima che l’80% delle biobanche appartenga agli ospedali, e di queste il 40% corrisponda a campioni del servizio di Anatomia Patologica; il 40% si dedica a studi genetici e il restante 20% sono collezioni dei dipartimenti di ricerca.
In questo mese apre la Biobanca dell’Insufficienza Renale Acuta della Comunita’ di Madrid, presso l’ospedale Ramon y Cajal. La sua coordinatrice, la biologa Ana Torres, spiega che la biobanca e’ in grado d’immagazzinare 138.000 campioni di sangue e urina, destinati a progetti di ricerca che individuino biomarcatori per identificare le persone suscettibili di soffrire insufficienza renale. Liano, direttore della biobanca, spiega che la sua creazione corrisponde alla linea di lavoro dell’ospedale in questa patologia. Nel 1993, studiosi del centro madrileno, coordinati da Liano, hanno elaborato un sistema di prognosi della gravita’ dell’insufficienza renale acuta; nel 1996 l’esperto ha diretto uno studio epidemiologico, di riferimento internazionale, e nel 2007, Liano e la sua equipe hanno pubblicato un altro studio sulla storia naturale della necrosi tumorale acuta, frutto di 22 anni di osservazione della malattia.

Un Riferimento europeo del DNA

In questa settimana, i responsabili della Banca Nazionale del Dna s’incontrano con un deputato europeo, poiche’ le istituzioni comunitarie stanno discutendo della possibilita’ di stabilire un modello di biobanca. L’incontro dimostra che la banca spagnola, a quattro anni dalla sua creazione, e’ un riferimento europeo come organizzazione, modello di gestione di qualita’ e trasparenza. La banca raccoglie soprattutto campioni di sangue e l’informazione legata ai rispettivi soggetti. I campioni servono per progetti d’identificazione di geni nelle malattie complesse, per studi sui fattori che contribuiscono a queste malattie e quelli che stimolano la farmacogenomica, ossia, come i geni influiscono nella risposta ai trattamenti.

I campioni dei donatori sani arrivano tramite accordi firmati con gli assessorati della sanita’ e i centri regionali di trasfusione e banche del sangue. Quelli dei pazienti, raggruppati per malattie cardiovascolari, oncologiche, neuropsichiatriche e metaboliche, attraverso convenzioni con le equipe mediche e di ricerca degli ospedali. La banca stipula accordi anche con la Red Espanola de Mastocitosis (malattia rara) e con Asociacion de Fibromialgia y Sindrome de Fatiga Cronica. Una volta nella banca, il sangue viene separato nelle sue varie componenti. Si custodisce il plasma, il Dna, per alcuni progetti anche il Rna. In parallelo, si conserva un campione di sangue a parte e cellule vive, per coltivarle nel caso si esaurisse il campione. Buona parte del processo e’ robotizzato ed e’ stato sviluppato un programma informatico che controlla tutto cio’ che fanno i robot e il personale tecnico. “Quando i campioni arrivano nella banca vengono codificati. Nessuno puo’ vedere a chi appartengono, ma il medico conserva il documento del consenso informato dove c’e’ il legame tra identita’ del soggetto e codice. Quando il campione viene ceduto al ricercatore riporta un nuovo codice che non ha legame con l’identita’ dell’individuo. Tutti i procedimenti sono certificati secondo il modello ISO, accreditamento ottenuto nel 2006”, precisa Alberto Orfao, direttore scientifico della Banca Nazionale del Dna.

Tratto da El Pais (traduzione di Rosa a Marca)